Descrizione
In hac insula extrem est fons aquae dulcis, cui nomen Arethusa est, incredibili magnitudine, plenissimus piscium, qui fluctu totus operiretur, nisi munitione ac mole lapidium diiunctus esset a mari (Cicerone). (Nella parte estrema di quest’isola vi è una fonte di acqua dolce il cui nome è Aretusa, di incredibile ampiezza, pienissima di pesci, il cui flusso sarebbe tutto sommerso se non fosse separato dal mare da un massiccio muro in pietra).
In quest’isola è Aretusa fonte molto grande à quel tempo (dei Greci, n.d.a.), e piena di pesci, e con grandi pietre fortificata, perche non sia coperta dal mare, la onde di quà si pigliano pesci d’acqua dolce, di là di salsa (C.M.Arezzo).
E’ così che due narratori d’eccezione ci presentano la Fonte Aretusa. La leggenda narra che Alfeo, dio fluviale, si innamorò di Aretusa, ninfa di Artemide, ed in ogni modo tentò di sedurla. Aretusa invocò l’intervento della dea che la tramutò in fonte. Inabissatasi sotto lo Ionio, Aretusa venne a sfociare in Ortigia. Alfeo, non disposto a rassegnarsi affidò alle onde il suo sogno d’amore: percorse il sottosuolo per riemergere accanto all’amata, nel porto grande. E’ il cosiddetto occhio della Zillica: polluzione che ancora si vede nel porto nei pressi della Fonte. Il mito, che celebra un amore, ha affascinato poeti, scrittori, musicisti ed artisti di ogni tempo. Non vi è stato visitatore di Siracusa che non abbia tradotto con il proprio talento i magici colori della Fonte e le emozioni ricevute. Aretusa è stata cantata da poeti come Pindaro, Mosco, Ovidio, Virgilio, D’Annunzio; raccontata dagli storici Timeo, Pausania, Diodoro Siculo, Strabone, Cicerone; raffigurata nelle monete dagli incisori siracusani Cimone ed Eveneto; musicata dal compositore polacco Karol Szymanowski. La tradizione, raccolta da Pausania, vuole che Archia, prima di partire per fondare la colonia, interpellasse l’oracolo di Delfi che così gli rispose: Un’isoletta, Ortigia, in mezzo al fosco mare ne sta, di contro alla Trinacria, ove la bocca sgorga dell’Alfeo, mista alla polla d’Aretusa bella.
Né seppe sottrarsi all’incanto Orazio Nelson che dovendo affrontare Napoleone ad Abukir, sostò a Siracusa nel giugno 1798; il 22 luglio scriveva: Grazie ai vostri sforzi noi ci siamo riforniti di viveri ed acqua, e sicuramente avendo attinto alla Fonte Aretusa, la vittoria non ci può mancare. Nelson, come sappiamo, sconfisse la flotta napoleonica. Dopo due anni ritornato in Siracusa vi ebbe magnifiche accoglienze, ed onori: il Senato gli offrì una medaglia d’oro, e gli diè inoltre la cittadinanza siracusana (S. Privitera).
Nei secoli la Fonte ha subito delle trasformazioni; ad essa, rimasta fuori dalla cinta di fortificazioni, si accedeva dal piano della città al livello del mare attraverso una ripida scala. Lì sorgeva una porta, detta “Saccaria” dalla quale pare che siano penetrati i Romani nella conquista della città. La fonte, giunta con quell’aspetto fino al Cinquecento, nel 1540 fu inglobata nelle fortificazioni, quando Carlo V potenziò le strutture militari di Ortigia. Liberato nel 1847 l’invaso assunse la forma attuale. Il belvedere posto accanto alla Fonte è ciò che rimane dell’antico bastione, demolito nella seconda metà del XIX secolo.